L’Unione Europea raggiunge un accordo sulla proposta per il salario minimo

Mancano solo l’approvazione della Plenaria del Parlamento UE e la ratifica del Consiglio UE, poi tutti i Paesi membri dovranno adeguarsi

decreto europeo

 

Deputati e negoziatori per gli Stati membri dell’UE hanno raggiunto un accordo per una direttiva europea che garantirà un salario minimo adeguato.

Attualmente sono 6 i paesi a non avere ancora un salario minimo e ad usare unicamente il sistema di contrattazione collettiva per determinare i livelli salariali. Questi sono: Italia, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia.

Mentre tra i 21 stati europei aventi già un salario minimo legale il valore mensile netto di questi ultimi va dai 332 euro per la Bulgaria a 2.202 euro per Lussenburgo.

Con l’approvazione della normativa si dovrebbero adeguare questi valori legandoli al variare dell’inflazione. I paesi dell’UE possono istituire un paniere di beni e servizi a prezzi reali da usare come riferimento per l’adeguamento dei salari minimi.

Per l’italia questo equivarrebbe a circa il 50-60% del salario mediano lordo. Di conseguenza abbiamo un valore medio orario di 9 euro equivalente a poco più di mille euro al mese.

Questo dovrebbe portare circa 3 milioni di italiani a guadagnare quasi 1000 euro in più all’anno, con un costo per le aziende stimato intorno ai 6,7 miliardi di euro.

Resta ancora poco chiaro come verranno gestiti i contributi, il Tfr e le tredicesime.

 

salario minimo

L’aggiornamento dei salari minimi legali dovrà avvenire ogni due anni, o al massimo ogni quattro per quei paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica.

Il testo concordato introduce l’obbligo per i paesi dell’UE di istituire un sistema di applicazione e sorveglianza tramite monitoraggio, controlli e ispezioni sul campo affidabili per garantire la conformità.

 

Anche i contratti collettivi si adeguano

La proposta per la direttiva si pone anche come obbiettivo di migliorare il sistema di contratti collettivi già presente.

Gli Stati membri in cui meno dell’80% della forza lavoro è protetta da un contratto collettivo dovranno adeguarsi, con piani d’azione specifici, fino a raggiungere almeno questa percentuale.

 

L’accordo sarà rinviato alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali del PE, per una votazione in plenaria. Anche il Consiglio deve approvare l’accordo e in caso di esito positivo si passerà all’applicazione.

Questa direttiva, chiesta da anni a gran voce da alcuni partiti Italiani, sicuramente potrà aiutare a migliorare le condizioni di vita minime per il nostro paese ma a pagarne il prezzo temiamo saranno ancora gli imprenditori.

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